Vinitaly si, Vinitaly no… la terra del Vino

Vinitaly si, Vinitaly no… la terra del Vino

Uno dei tormentoni morettiani in Ecce bombo era “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. A poche ore da dall’inizio di Vinitaly, la fiera del vino per antonomasia, sono in molti a chiederselo: vale la pena incagnirsi per la ricerca di un parcheggio e, una volta raggiunti i padiglioni di Verona, rincorrere appuntamenti, incontri, assaggi o attendere qualche giorno e con calma prendere appuntamento nella cantina che si vuole visitare?

Non hanno dubbi alla famiglia Coser di Cormons, nel Goriziano. Le colonie di tassi che vivono ai limiti del Parco naturale di Plessiva e sono ghiotti consumatori dei grappoli più dolci, danno il nome alla cantina, Ronco dei Tassi (roncodeitassi.it). Vinitaly per loro è l’occasione migliore per farsi conoscere dagli importatori esteri che apprezzano i vini del Collio. Tra questi il più caratteristico è la Ribolla gialla, dal colore aureo, l’aroma fruttato che a casa Coser acquista particolare grinta. Enrico Coser è convincente nelle argomentazioni: «In questo anno complesso per il vino, che molti demonizzano, trovo importante dare un segnale ai nostri collaboratori esterni con una forte presenza nella fiera che è l’autentica vetrina del vino italiano del mondo. Inoltre siamo bianchisti, cioè conosciuti soprattutto per i nostri vini bianchi. Questa occasione è unica per fare assaggiare a inizio stagione i nostri vini da poco pronti per il mercato».

Chi si aspetta un Vinitaly in tono minore, pur convinto della sua bontà è Stefano Augusto Alacevich della Fattoria Il Capitano di Pontassieve (fattoriailcapitano.com). Zona di particolare elezione del Chianti Rufina DOCG, Alacevich è convinto sostenitore del progetto Terrælectæ, che raccoglie una dozzina di realtà che si contraddistinguono per il vigneto di proprietà, la selezione in vigna delle uve, un unico vigneto catastale. Il suo Vigneto Poggio 2022 ha salda stoffa, con profumi pronti a esplodere e sarà una delle punte di diamante in questa edizione in cui Fattoria Il Capitano è ospitato nel padiglione C dei vini biologici. «A Vinitaly siamo presenti perché qui si stringono amicizie, si fanno incontri sempre interessanti con persone che hanno a cuore il mondo del vino. Ciò è ancora più vero da quando si sono selezionati i visitatori con l’incremento del prezzo di ingresso». È uno dei rari momenti in cui si possono provare i suoi raffinati vini – come il Vin Santo del Chianti Rufina – fuori dalla cantina di Pontassieve. «Anche se noi produttori in queste notti non dormiamo a causa delle notizie sui dazi e di un mercato un po’ stanco, vado a Vinitaly da ottimista: bisogna comunque guardare avanti».

Di segno opposto la valutazione di Rodolfo Passalacqua che con il fratello gestisce l’azienda agricola Ceramida sulla Costa Viola, a Bagnara Calabra (vinodicalabria.it). «Siamo una microimpresa che produce poco più di 5000 bottiglie all’anno. Per noi la partecipazione a Vinitaly avrebbe un costo insostenibile». Il loro Zibibbo secco, le cui uve sono raccolte a mano sui terrazzamenti a picco sul mare e che sprigiona aromi di mandorla e albicocca, si può trovare in altre iniziative «aperte a un pubblico ristretto, soprattutto quello dei consumatori privati» che apprezzano luoghi più appartati, visite dedicate e riflessioni personali, dove non vi sia calca e i vini possano essere provati in tranquillità senza l’assillo della coda.

1705 1035 Riccardo Lagorio
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